Ragazza Musulmana, rifugiata Siriana, Metallara: questa è la sua storia.

Se avete dato un’occhiata alla pagina della band, avrete sicuramente notato l’articolo del Revolver che è stato condiviso in queste ore.
Questo articolo bellissimo parla di una diciottenne di Aleppo che racconta la sua fuga da un mondo in cui la musica che ama, il metal, è un taboo.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Give Something Back to Berlin un’organizzazione che lavora con i gruppi migranti nella capitale tedesca.
Qui potete leggere l’articolo su Revolver
La traduzione completa, invece, sul nostro sito: qui.
Ed eccovi un estratto.

Quello che amo davvero di questo genere è che parla di qualunque aspetto della vita: bullismo, politica, guerra, tristezza, felicità, malattie mentali, ect. Sento come se gridassero tutto quello con rabbia perché non si può davvero parlare gentilmente della guerra e dire ‘Hey, per favore smettete di ucciderci…’ Molti testi sono profondi e pregni di significato. Non ho un genere metal preferito, mi piacciono tutti.
Da bambina il metal per me era una via di fuga e i testi tutto quello che le mie labbra non potevano dire. Quando ho compiuto 10 anni la mia famiglia ha iniziato a capire che mi ero davvero appassionata a questo genere, perché ho iniziato a cambiare tipo di abbigliamento. Mi dicevano che me ne sarei pentita, che non sarei stata in grado di smettere di ascoltare quella musica. La loro reazione fu molto dura. Alcuni di loro stamparono anche degli articoli riguardo quella musica dicendo che sarei andata all’inferno, e che quei musicisti erano malati.

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Anita

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