Johnny ai microfoni di Razor Wisconsin

JC è stato intervistato da Razor Winsconsin. In una chiacchierata di venti minuti lui e Decker hanno affrontato una serie di interessanti argomenti: dalle influenze che hanno portato alla realizzazione del nuovo album, al processo creativo della band, la filosofia dietro ‘Life is but a Dream’, in uscita il 2 Giugno, la pandemia, il podcast di JC – Drinks with Johnny e altro.

Potete ascoltare il podcast qui. 

Ecco un recap delle parti salienti 

  • “La vostra etichetta ha detto che siete state influenzati da Mr Bungle per la scrittura di questo album”
    JC: Penso che i Mr. Bungle vengano citati spesso quando si tratta delle nostre influenze musicali, ma per lo più perché siamo cresciuti ascoltandoli, come molte altre band, e siamo sempre stati molto sinceri riguardo ciò che ci piaceva e ci influenzava nel lavoro. Tuttavia, non direi che ci sono riferimenti in Life is but a dream.
    Sicuramente abbiamo spesso studiato il loro lavoro e abbiamo imparato molto. Ogni volta scrivere un album è come una nuova sfida e ci prendiamo sempre il nostro tempo, come in questo caso con un lavoro di 5 anni. Se ci pensi gli step di creazione e produzione sono molti e se tra ognuno di essi ti prendi una pausa il tempo necessario è proprio questo.
    Negli ultimi anni sono successe tante cose nel mondo che hanno influenzato tutti, noi compresi. Abbiamo intrapreso un viaggio e alla fine ci siamo ritrovati; credo che questa sia stata la massima influenza per la realizzazione di questo album.

    Nel 2018, Matt ha avuto un problema con la voce ed abbiamo dovuto annullare una parte del tour in America. Questo tempo è servito anche per guarire e capire cosa fosse importante per noi, in quel momento della nostra vita. Abbiamo avuto un po’ di rallentamenti, certo, ma la fortuna è che abbiamo tutti delle belle famiglie e abbiamo avuto modo di passare del tempo con loro e con i nostri figli. Stare a casa è stata una benedizione, per me, non sapevo neanche se fossi tagliato per fare il padre. A pensarci tutti noi abbiamo avuto un percorso simile, ovviamente ognuno con la propria percezione delle cose e con un approccio terapeutico differente. In questo periodo c’è chi è stato in ritiro spirituale, chi ha fatto hacking, come me, chi si è dato alla meditazione, e siamo giunti tutti alla stessa conclusione: se dovevamo continuare a fare quello che stavamo facendo, dovevamo fare tutto in maniera audace, non gironzolare intorno alle idee in punta di piedi.
    Se non era abbastanza audace non sarebbe stato inserito nell’album e questo pensiero adesso ci accompagna non solo a livello musicale ma in tutto quello che facciamo. Che senso ha fare le cose se non sono coraggiose, divertenti, ispirate? Certo potremmo accontentarci, suonare ai festival avere una bella vita semplice ma a noi non piace, vogliamo continuamente metterci alla prova e fare quello che è meglio per noi e che sia significativo”.
  • “Quale è stata l’idea che ha ispirato l’album e che vi ha indirizzato verso questo risultato?”
    JC “A volte si parte dal riff, a volte si parte dalla melodia, da idee grezze; ogni canzone ha il suo modo di essere costruita.
    In HTTK eravamo più sul pentatonic blue scale, the Stage invece ci ha spinto verso una sonorità diversa, molte influenze musicali vengono dalle grandi competenze di Synyster Gates. Quello che voglio dire è che non volevamo certo rifare la stessa musica, ma qualcosa di diverso che facesse provare un determinato sentimento. Direi che essere audaci è stata proprio la filosofia generale.
    Nel caso di ‘Nobody’ siamo partiti dal riff, ma non era solo quello, era l’effetto, il sentimento che faceva provare. Non so cosa Brian abbia fatto ma da lì abbiamo creato un’intera canzone che è totalmente diversa dalla demo. Non so neanche come ci sia riuscito con quei pedali.”
  • Dal mio punto di vista, ed ho ascoltato solo Nobody, questo è uno di quegli album che va ascoltato dall’inizio alla fine
    JC: E’ vero, per questo definisco Nobody come il primo passo in avanti, non è un singolo tradizionale ma è stata dal primo momento la scelta ideale perché ti mette nella giusta propensione per ascoltare il resto e non c’è niente di simile nell’album. Le canzoni sono diverse l’una dall’altra. Alla fine c’è ovviamente una risoluzione se ascolti tutto insieme, l’ideologia e la filosofia dei testi riguardano l’assurdismo e quello che crediamo sulla nostra vita. La fine è solo fine. Confrontarsi ed accettare il nulla. E penso che ognuno fa il proprio, separato ma uguale, viaggio esistenziale, soprattutto in questo periodo che siamo stati separati. Per me questa è stata un’altra cosa dolorosa da accettare. Shadows e Syn sono sposati con due gemelle quindi erano insieme durante la quarantena ma noi altri eravamo separati con le nostre rispettive famiglie e loro sono persone che significano tutto per me, dopo mia moglie e mio figlio vengono loro. I primi periodi potevo vederli solo su zoom. E non potevo passare del tempo con loro. Lo dico solo perché so che molte persone hanno provato la stessa cosa e affrontare quello che tutti abbiamo affrontato cambia la tua prospettiva sulla vita e le cose in generale.”

 

Anita

 

 

 

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