La possibilità di ascoltare in anteprima il disco.
Ecco qua le recensioni del pre ascolto di Hail to the King, in uscita fra poco meno di un mese, che si è svolto il 31 luglio 2013 a Milano negli studi Warner.
Abbiamo avuto modo di ascoltare le PRIME 5 canzoni dell’album (metà quindi).
Visto che il mondo è bello perchè è vario abbiam deciso di postare le opinioni di ognuno dei presenti, separatamente, così da farvi un’idea del diverso impatto che queste canzoni possono avere su un campione diverso di fans.
Iniziamo col nostro Gino:
1. “Shepherd of Fire” – l’album inizia con un fade-in in un’atmosfera inquietante da cui parte un riff deciso e carico di syn a cui pian piano si aggiungono fiati (corni, tromboni credo) e batteria. La canzone poi apre e si sviluppa in strofe e ritornello più melodici. L’assolo viene suonato sulle note della strofa per poi tornare alla fine di questo nell’atmosfera iniziale, così come il finale della canzone. Notevole il lavoro di doppio pedale di Arin.
2. “Hail to the King” – il singolo a mio avviso è la canzone più “nuda e cruda” dell’album, forse la meno elaborata a livello musicale, ma è una canzone che è forte, potente, ritornello melodico classico da singolo che entra in testa. Una canzone che non è nel conosciuto stile sevenfold ma che suonata da loro diventa una canzone di spessore
3. “Doing Time” – Questa canzone inzia con un riff rock duro classicheggiante, che richiama slash, guns n’ roses o velvet revolver con un parlato di Matt che poi si trasforma in un urlo di quasi dieci secondi. Il cantato della strofa ricorda le voci degli stessi guns o dei tempi di city of evil per alcuni aspetti. E’ una canzone spinta, movimentata.
4. “This Means War” è una canzone potente. E’ la canzone della preview della radio del sito al canale 13. Sono letteralmente rimasto a bocca aperta dopo la prima parte dell’intro lenta ma battuta e quando inzia la strofa. Nel ritornello le chitarre sono melodiche e Matt ripete “this means waaaar” per tre o quattro volte. L’assolo è molto Pantera-Dimebag Darrell style nella prima parte poi diventa più melodico. Il bridge e il finale riprendono l’intro inziale. Headbangin’ assicurato.
5. “Requiem” è la canzone del quarto video trailer postato dalla band. Inizia senza strumenti ma solamente con un coro gotico di molte voci che recitano parole latine. L’atmosfera è sinistra ed inquietante quando partono gli strumenti. La seconda strofa la potete ascoltare nel video che ho citato sopra, i ritornelli sono particolari, rimangono in tema con la canzone ed il suo titolo, perfettamente azzeccato. L’assolo è ben strutturato anche grazie ad un uso di reverb maggiore rispetto ad altre canzoni; alla fine di questo riprendono i cori gotici latini accompagnati dagli strumenti e da una voce parlata.
Sicuramente un ascolto per il sottoscritto non basta per tirare le somme, ma obiettivamente da “Hail To The King” possiamo aspettarci sicuramente assoli notevoli, arrangiamenti di chitarra e basso che rispecchiano lo stile Sevenfold, un lavoro di batteria di Arin generosissimo che si discosta di molto dal singolo, voci come al solito potenti e atmosfere cupe e inquietanti che tanto ci piacciono, nonchè richiami al metal-rock più classico.
Giada:
Fare una recensione obiettiva, da fan, ammetto che è molto difficile. Ammetto di essere partita parecchio confusa specie dopo le critiche negative sul singolo lette in giro, dalle tante affermazioni della band che inneggiava a riferimenti a troppe band di generi più disparati. Insomma, non sapevo che aspettarmi e tutte le varie dichiarazioni discordanti mi avevano parecchio confusa. Ecco, prendete tutte le cose dette fin’ora in quanto a citazioni, ispirazioni etc e buttatele via. Certo non aspettatevi un altro Nightmare, ma le cinque canzoni sentite non sono certo così distanti dal classico stile Sevenfold. Io Black Sabbath, Led Zeppelin etc, non ce li risento proprio.
Shepherd Of Fire, la canzone di apertura del cd, è la classica canzone che consiglierei alla persona che vuol iniziare a dare un ascolto alla band. E’ un po’ la Critical Acclaim del nuovo cd, un inizio potente per dare un impatto forte subito dall’inizio. La batteria mi ha un po’ ricordato quella della sempre storica Unholy Confessions e il lavoro di Arin dietro quelle pelli è definibile con un bel “kickass” anche da una che quando ha da commentare i successori di Jimmy è sempre stoica. Il riff di chitarra è molto accattivante e il relativo assolo di Gates non deluderà certo i suoi estimatori. Una cosa divertente che mi ha fatta ridere pure la però ve la confesso: una parte di batteria ricorda tantissimo il finale della sigla di Baywatch.
Hail to the King ammetto che sentirla in un cd ha tutt’altro effetto. Vero, non è la canzone migliore dei Sevenfold ma neanche è da buttare. Influenze tipiche dei Maiden ma dopo la carica della prima canzone ci può stare, gasa molto anche se ve lo dico sinceramente.. sono arrivata a chiedermi che ci sta a fare li in mezzo. Sembra quasi slegata dal resto delle canzoni, nulla a che vedere col sound della precedente e della successiva. E pure delle canzoni successive che abbiamo ascoltato. Un po’ la canzone random del cd piazzata li, decisamente l’elemento a mio parere discordante col resto.
Doing Time: canzone dal sound abbastanza “diverso”, tendenze stile City Of Evil con chiari riferimenti ai classici Guns’n’Roses volendo o anche ai Velvet Revolver. Affatto male per essere un esempio di “canzone fuori dai soliti schemi”. Forse è la canzone più “ritmata” in cui ho apprezzato molto il giro di basso/chitarra che rimane impresso nella mente. Anche l’assolo qua ha qualcosa di diverso, dimostrazione di quanto versatile possa essere Gates. L’inizio va detto, parte con una frase ed un urlo molto in stile Bat Country anche se poi, della medesima canzone, ha ben poco.
C’è poi This Means War. Già dall’inizio si riconosce che è la canzone del primissimo trailer uscito sul sito della band. Il riff che si sentiva nell’anteprima è quello che caratterizza tutta la canzone. Questa è la TIPICA canzone targata Avenged Sevenfold. Riff semplice che rimane in testa, batteria non troppo particolare ma che nella sua semplicità si adatta benissimo al resto degli strumenti. La parte finale e l’assolo richiamano chiaramente ai Pantera. Canzone che dal vivo farà venire giù i palazzetti, guai a loro se non la includono.
Requiem. Non credo di trovare le parole adatte per descriverla. Quella sorta di canto gregoriano in latino apre e accompagna in vari punti la canzone. Come già annunciato, è quella cosa epica del tease#13. Molto “strana”, cupa, apocalittica, quasi malata dal suono che ha. Mi ha conquistata, lo ammetto. Sarebbe quasi la colonna sonora perfetta per quei film sulle stragi di massa o per il trailer di un film horror. Un po’ ripetitiva e lentina, ma anche soltanto il modo di cantare quasi “solenne” e imperativo di Matt.. meritano. Qualcosa di veramente diverso dai precedenti da rimanere dannatamente impresso. Avete presente quelle cantilene/melodie dei carillon? Quelle che a distanza di anni vi suonano in testa? Ecco la melodia di Requiem non si allontana da quello, mi è rimasta stampata in testa per ore. E per la gioia di tanti fans: c’è un bell’assolo che ricordo anche molto lungo.
In conclusione: Hail to the King, per me che ero la prima scettica vista anche l’assenza in fase di composizione e della creatività di Jimmy e il terrore che fosse un cd con roba presa e rielaborata, si prospetta un buon cd. Certo, se avete nel cuore una pietra miliare come Waking the Fallen non sono sicura che questo ve lo scanserà dalla top, ma insomma non è nulla di tremendo come si aspettavano le persone. Le canzoni magari hanno alcune parti molto ripetitive ma se un riff è buono, che tu me lo ripeta una volta o tu me lo ripeta 100, il suo dovere lo fa.
A tutti quelli che hanno avuto da criticare Arin solo perchè nella canzone omonima che da il titolo al cd non da il massimo alla batteria posso dire sincera “sentitevi il resto e trovate il coraggio di dire che il ragazzo non sa fare il suo mestiere”. E pure a chi diceva che ormai, Matt era “finito” perchè “la sua voce era andata”: sentitevi sto cd, dove non ha esagerato o strafatto con urla e cose stile god hates us! Ha fatto quello che la sua voce e la sua gola gli consentono di fare nel modo migliore. Niente esagerazioni con un risultato pulito, semplice ma impeccabile.
Hail to the king è un cd con un sound più particolare, con chiare contaminazioni in stile Guns, Pantera e Metallica, ma rimane sulla linea “evolutiva” musicale che hanno preso negli anni. Un paio di ascolti sono d’obbligo prima di sputar sentenze, ma anche solo dopo il primo giro tutti noi presenti eravamo sinceramente fieri e soddisfatti del lavoro. Questa band va sempre avanti senza mai guardarsi troppo indietro. Date una possibilità al cd perchè son sicura che non vi dispiacerà.
Hanna:
1. Shepherd of fire non è quella che mi aspettavo, la immaginavo diversa, ma non so come. Comunque è molto bella; Arin ha molte parti di batteria, come tanti piccoli assoli, che riprendono molto l’assolo di Carry on. manca un po’ l’uso dei piatti secondo me, le chitarre si sentono, ma non spiccano come invece succede nelle canzoni degli altri album.
2. Hail To The King. Non c’entra praticamente niente con l’album. E’ un’ottimo brano, ma è molto in stile Maiden, è il meno interessante di tutti ed è quasi come l’acqua e l’olio col resto.
3. Doing time: merita. Si sente il cambiamento nella voce di Matt, più dura e ‘heavy’. E’ particolare come canzone, la batteria si sente molto ma non punta esclusivamente in velocità.
4. This Means War. ottima, tanti pezzi tipo ‘thiiiiis meeaaans waaaaaaaaaaaaaaaaar’. Non prevale particolarmente nessuno strumento, è un’ottimo frullato metal. E’ sul genere dei ‘grandi temi’ ovvero guerre epiche.
5. Requiem. E’ un grande requiem, con i cori in latino, in inglese, organo e ritmo giusto. ma sinceramente i cori in latino sono solo 2, uno all’inizio e uno alla fine, e preferivo che ce ne fosse uno anche in mezzo. Però è un requiem strano, nel loro stile, non è il solito. E’ la canzone che ci vuole al posto giusto e al momento giusto, completa l’album. un po’ come Save Me in Nightmare, se non ci fosse, non sarebbe la stessa cosa.
Nel complesso è un ottimo album e credo punti completamente sulla batteria e sulla presenza di chitarre molto in stile heavy metal, anche se mancano all’appello Crimson Day, Heretic, Coming Home, Planets e Acid Rain, per le quali ho grandi aspettative dopo questo prelistening. Riesce a non essere mainstream o verso il commerciale anche se ha uno stile più classico, non è qualcosa di ‘già visto’ perchè ha influenze da molti gruppi.
Giulia:
Parto dicendo che Sheperd Of Fire mi è piaciuta. Per quanto la forte presenza della batteria rimane melodica e non spinge come forse mi sarei aspettata. Non la trovo però banale, nonostante non ci siano particolari giochi di chitarra o di batteria non cade nell’ovvio. In questo pezzo la batteria è molto più presente e sicuramente il batterista ha possiblità di dimostrare in piccole dosi cosa sà fare.
Hail to the King, la conoscevamo già, quindi il tempo per farsi un’idea è stato maggiore come lo sono stati gli ascolti. Rispetto alle altre, è vero, è quella che si distacca ma che io trovo comunque abbia nei nessi con lo stile che han scelto. Non è “un pesce fuor d’acqua” per intederci.
Arriviamo a Doing Time. Ha sicuramente un sound accattivante. La voce è famigliare, a tratti MI ricorda Beast and The Harlot. In questo pezzo, a parer mio, nelle chitarre lo stile di Gates è il solito: riff veloci, sinuosità negli assoli.
This Means War è sicuramente la chicca dell’album. La voce qui è potentissima e l’Heavy si sente veramente tanto. Il ritornello rimane bene in testa e, sempre secondo un mio parere, a livello di sound mi ricorda I Won’t See You Tonight. In questo pezzo trovo che abbiano saputo giocare bene con gli equilibri di ogni strumento. Non c’è troppo di uno e poco dell’altro. La voce è potente al punto giusto ma non tale da prevalere sulle chitarre o sulla batteria. I bassi sono azzeccatissimi e completano decisamente la canzone.
Requiem è la pecora nera, in senso buono ovviamente. Il coro la distingue. E’ uno di quei pezzi che o ami o odi. E’ veramente particolare ma credo che questo sia un po’ quello su cui vuole puntare. Sarebbe stato forse banale farla in altro modo, anzi: trovo che questa canzone possa essere fatta solo in questo modo.
Da una band come gli Avenged Sevenfold non sai mai cosa aspettarti. Sono entrata e non sapevo cosa avrei sentito. Un po’ forse te lo immagini ma poi c’è sempre qualche particolare che ti soprende e che ti soddisfa. Quello che ho sentito è veramente, veramente una gran buon lavoro.
Federica:
Prima impressione su Hail to the king é stata per me molto positiva. Le sonorità sono più metal si sente l’influenza dei Maiden, Guns e Pantera mantendo la forte personalità della band. Le differenze con gli album precedenti ci sono, ma cone per qualsiasi altro loro album, non sono comunque radicali come si poteva pensare dalle loro interviste. Per me l’album é semplicemente un’evoluzione della band. Per quelli che hanno avuto delle perplessità su Hail to the king non è assolutamente un album mainstream e anche il lavoro di Arin mi è sembrato molto buono. Il singolo non è di sicuro il brano più adatto per giudicare l’album.
Sheperd of Fire: ottima scelta come intro al cd. L’inizio è particolare si sentono campane, fiati dai quali parte un riff di Syn e la batteria impeccabile. È una bella canzone che dà una bella botta da subito.
Hail to the king: mi era piaciuta subito e soprattutto dopo i video live, qualità permettendo. Ammetto che non c’entra niente con il resto dei brani ascoltati, ma la trovo sia una buona canzone, potente, da live.
Doing time: canzone ritmata. Voce di Matt potente, toglierà dubbi a chi ne avesse mai avuti. Bello il riff di Gates all’inizio. Nella canzone si sente l’influenza dei Guns, brano che avrei visto bene anche in City of evil.
This means war: é la canzone, insieme a Requiem, che mi ha colpito di piu. Quella del primo trailer. Molto forte, impossibile stare fermi. Tra quelle ascoltate é quella che più spero di sentire al concerto. Devasto assicurato.
Requiem: é molto difficile trovare le parole per descriverla. Molto particolare atmosfera cupa, solenne accentuata dal coro in latino. Rimane molto in testa, già dal teaser per me era stato cosi.
Beba:
Mi ci vogliono sempre molti ascolti prima di giudicare un disco degli Avenged Sevenfold, vista la loro grande capacità di reinventarsi ogni volta. In questa occasione non sono stati da meno e hanno prodotto un disco che sì, tira le fila di Nightmare ma è una ventata d’aria fresca. Sicuramente è un cd meno “potente” di per esempio “City of Evil”, ma non ha neanche pezzi così melodici come “So Far Away”. Insomma… E’ il perfetto equilibrio tra quello che sono stati negli ultimi anni e probabilmente di quello che saranno.
Ho apprezzato che come primo pezzo del cd ci sia “Sheperd of Fire”, una bella canzone che sicuramente adorerete. Già con questa canzone Arin mette le cose in chiaro: con lui non si scherza. Sarà mingherlino ma la batteria la suona come un dio del metal!
“Hail To The King” può tranquillamente classificarsi nella top 3 delle canzoni migliori dell’album, ma non certo da medaglia d’oro o d’argento. E’ melodica ma al tempo stesso potente, eppure nel disco la chicca è un’altra. E’ un brano che sembra slegato dagli altri.
“Doing Time” mi ha colpito meno delle altre, forse perché si trova tra il primo singolo e la perla del disco. Piacerà ai fan dei Guns’n’Roses, meno a chi preferisce sonorità più dure.
Eccoci finalmente alla medaglia d’oro: “This Means War”. Ritornello che ti rimane in testa, musica quasi epica di chi deve scendere in battaglia… Insomma, il pezzo più metal sentito al pre-ascolto.
“Requiem” è un’altra bella canzone che vedo bene come apertura ai concerti grazie al suo intro in latino che fa atmosfera. Non sarà la mia preferita ma ci sta bene in questo disco.
Sono veramente contenta di una cosa: è il disco migliore mai cantato da M shadows. Mette in risalto la sua voce e le sue abilità canore. Finalmente ha lasciato perdere le note basse e ha capito come sfruttare al meglio le sue abilità. E’ il disco che aspettavo che incidesse.
Mi pare quindi un buon lavoro anche se l’assenza di The Rev si sente. Manca infatti quella dose di genio matto che aveva caratterizzato brani come “A Little Piece of Heaven”. Oseranno di più con il prossimo disco?